10 – Etica II. I fondamenti (Assiomi 1 – 5)

I cinque assiomi che brevemente qui analizziamo ci consentono di “dedurre” l’essenza dell’uomo. Questa non è sostanza, dal momento che essa non implica l’esistenza (assioma 1). Perciò può comprendere solo dei modi. Dato che l’uomo pensa (assioma 2), fra questi modi ci sono sicuramente modi del pensiero. Essendo l’idea prima per natura rispetto a questi modi del pensiero (assioma 3), la mente umana è innanzitutto un’idea. E, precisamente, avendo noi le idee delle affezioni del corpo (assioma 4), la nostra mente ha l’idea del proprio corpo. Dal momento infine che l’idea della mente consiste nell’essere l’idea del corpo esistente in atto (assioma 5) la mente non conosce altro che ciò che tale idea contiene. Perciò possiamo concludere, e tale conclusione sarà più estesamente spiegata nella proprosizione 13, che “l’essenza dell’uomo è costituita unicamente da una mente e da un corpo”. Non di una mente che ha un corpo o di un corpo che ha una mente, ma di una mente e un corpo come due facce della stessa medaglia.

 (1) L’uomo non è sostanza

Hominis essentia non involvit necessariam existentiam, hoc est, ex naturæ ordine, tam fieri potest, ut hic, & ille homo existat, quam ut non existat. L’essenza dell’uomo non implica l’esistenza necessaria, cioè, secondo l’ordine della natura, può accadere tanto che questo o quell’uomo esista, quanto che non esista.

La realtà umana è intrinsecamente segnata dalla fatticità. Nessun uomo esiste per volontà di Dio o perché in sé aveva la necessità di esistere.

Fatticità della realtà umana non significa contingenza nel senso tradizionale del termine. Questa infatti prevede che un ente possa o non possa esistere, ma, come ben sappiamo, nel mondo spinoziano non ha luogo il possibile. Tutto ciò che “è”, è necessariamente; tutto ciò che “può essere”, effettivamente è. Fatticità significa semplicemente che l’essenza dell’uomo non implica l’esistenza, essendo questa determinata sempre da cause esterne. L’esistenza di un determinato uomo, dal momento che esiste, è necessaria, ma non in virtù della sua essenza, di ciò che è, ma in virtù dell’infinito concatenarsi di cause efficienti a lui esterne, che lo hanno determinato a esistere.

La fatticità della realtà umana, quindi, indica solo che l’uomo non è sostanza, ma un modo della sostanza.

(2) L’uomo necessariamente pensa

Homo cogitat ‹; of anders, wy weten dat wy denken›. L’uomo pensa ‹;ossia: noi sappiamo di pensare›.

Assioma lapidario e incontestabile. L’aggiunta in olandese precisa che noi sentiamo di pensare. Il carattere assiomatico di questa locuzione mette l’accento sul rapporto necessario che l’uomo intrattiene con il pensiero. Pensare non è una facoltà o un potere che l’uomo ha, ma una necessità.

Ci possiamo chiedere se l’uomo sia l’unico ente che intrattiene questo rapporto con il pensiero. La risposta credo sia scontata: no di certo. Questo problema sarà affrontato meglio più avanti. Per ora, oltre a ricordare che Spinoza rigetta la classica definizione di uomo come animale razionale, anticipiamo che, nello scolio della proposizione 13, il filosofo afferma che “tutte le cose, pur con gradi diversi, sono animate“, cioè dotate di realtà mentale.

Nell’Introduzione alla parte III, Spinoza nega che l’uomo sia un ente speciale della natura, un imperium in imperio, cosa che sarebbe se fosse l’unico ente a pensare. Perché, allora, ha enunciato l’assioma 2 come “l’uomo pensa” e non come “tutte le cose pensano”? Per la semplice ragione che, come indicato nel breve preambolo a questa II parte, il De Mente è dedicato esclusivamente all’indagine della mente umana e della sua beatitudine suprema.

(3) L’idea è prima per natura

Modi cogitandi, ut amor, cupiditas, vel quicunque nomine affectus animi insigniuntur, non dantur, | nisi in eodem Individuo detur idea rei amatæ, desideratæ, &c. At idea dari potest, quamvis nullus alius detur cogitandi modus. Non si danno modi del pensare, come l’amore, la cupidità, o qualunque altro che possa essere designato col nome di affetto dell’animo, se non sia data nel medesimo individuo l’idea della cosa amata, desiderata, ecc. Un’idea, invece, può essere data, anche se non sia dato nessun altro modo del pensare.

Ci sono differenti modi di pensare. Già conosciamo, secondo la definizione 3, la semplice produzione di idee. Ma altri modi sono continuamente sperimentati: amore, desiderio, nostalgia, speranza, ecc. Ebbene, l’idea è anteriore per natura a tutte le altre formazioni mentali, che dipendono sempre da essa. Ne è quindi condizione necessaria: tutti gli affetti della mente sono modalità dell’idea e ne presuppongono l’esistenza. Desiderare è necessariamente avere l’idea di una cosa desiderata. L’idea, invece, può essere data senza che sia dato alcun altro modo del pensiero. Questo punto va compreso con precisione. Non significa che un’idea in quanto tale, senz’altra “coloritura” può essere data nella mente, una sorta di idea pura senza affetti corrispondenti. Vuol dire che l’idea, per essere data, non richiede la posizione preliminare di un altro modo.

L’idea non è solo la condizione necessaria degli altri modi del pensiero, ma anche la condizione sufficiente. Non solo questi non possono essere senza di lei, ma addirittura basta che questa sia, perché anch’essi necessariamente siano. Perciò è lecito affermare che l’idea costituisce l’essenza degli altri modi del pensiero, i quali ne sono le prorpietà.

L’assioma insomma pone il problema dei rapporti tra la produzione di idee e gli altri affetti del pensiero (amore, desiderio, ecc.). Questi ultimi presuppongono la presenza dell’idea (cosa amata, desiderata, ecc.). Detto altrimenti, tutte le proprietà propriamente “non intellettuali” del pensiero hanno come condizione invalicabile l’attività “intellettuale” della produzione di idee.

(4) Sentiamo le affezioni del corpo

Nos corpus quoddam multis modis affici sentimus. Sentiamo che un certo corpo è affetto in molti modi.

Entra in campo la forma primordiale, basica, dell’esperienza umana, ancora indeterminata: sentire che c’è un corpo affetto in molteplici modi. Riguarda la percezione sensibile delle affezioni del corpo, degli “incontri” del corpo con altri corpi.

Data l’innegabile vaghezza di questo assioma, non sappiamo ancora nulla in questa fase dell’indagine né del corpo in quanto tale né delle sensazioni e della loro natura, tranne il fatto che ci sono e che è il corpo a farcele sentire.

Un punto essenziale che verrà alla luce più avanti in tutta la sua importanza è che tali sensazioni non ci dicono nulla del corpo affetto, la cui natura non può quindi essere appresa a partire da esse.

(5) Il carattere limitato dell’esperienza umana

Nullas res singulares ‹of niets van de genatuurde natur | natura naturata |› præter corpora, & cogitandi modos, sentimus, nec percipimus. Non sentiamo né percepiamo altre cose singolari ‹cioè nulla della natura naturata› oltre i corpi e i modi del pensare.

Solo i corpi, modi dell’estensione, e le idee, modi del pensiero, sono oggetti della nostra esperienza. Corpi e idee e nient’altro. Spinoza usa due verbi, sentire e percipere, riservando presumibilmente il primo per il coglimento del nostro corpo e delle nostre idee e il secondo, più generale, per il coglimento degli oggetti esterni (corpi e idee).

Questo assioma sottolinea quindi il carattere limitato, circoscritto, dell’esperienza umana.

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