11 – Etica II: Da Dio alla mente dell’uomo. Il pensiero e l’estensione (Proposizioni 1 – 2)

Fissati con le definizioni e gli assiomi i principi fondamentali in base ai quali si determina l’essenza umana, Spinoza procede ora a dedurre questa essenza a partire dalla sostanza divina. Le prime due proposizioni, generalissime, ribadiscono il carattere attributivo del pensiero e dell’estensione. Il filosofo, usando una terminologia solo formalmente cartesiana, dimostra che Dio è sia cosa pensante sia cosa estesa. Quest’ultima affermazione, in particolare, va contro tutta la linea principale della tradizione filosofica che ritiene che Dio sia incorporeo e spirituale, negando a esso ogni carattere materiale, dato che ciò lo renderebbe sostanza divisibile in parti. Già nella prima parte dell’Etica Spinoza aveva fatto piazza pulita di queste obiezioni.

È superfluo ricordare che cogitatio ed extensio sono solo due fra gli infiniti attributi pertinenti a Dio, gli unici che l’uomo conosce e che, come vedremo, costituiscono la sua essenza. La conoscenza dell’uomo ha necessariamente a che fare con le affezioni, i modi della sostanza, e solo le affezioni del pensiero (i pensieri particolari) e le affezioni dell’estensione (i corpi particolari) sono accessibili all’uomo. Nessun altro modo della sostanza, diverso da questi due, affetta in qualche modo l’uomo.

(1) Dio è cosa pensante

Cogitatio attributum Dei est, sive Deus est res cogitans. Il pensiero è un attributo di Dio, ossia Dio è cosa pensante.

(2) Dio è cosa estesa

Extensio attributum Dei est, sive Deus est res extensa. L’estensione è un attributo di Dio, ossia Dio è cosa estesa.

Queste due prime proposizioni del De Mente delimitano l’ambito proprio dell’esperienza umana, l’orizzonte entro il quale questa può esercitarsi. Entrambe sono accompagnate da due dimostrazioni, una a posteriori e una, rimandata allo scolio della proposizione 1, a priori. A dire il vero, solo per la proposizione 1 possiamo parlare di dimostrazione in senso esplicito, dato che per la proposizione 2 Spinoza semplicemente rimanda alla proposizione precedente.

Vediamo la dimostrazione a posteriori, dimostrazione che va dagli effetti alle cause. Oggetto di considerazione immediata sono i pensieri singolari: questo o quel pensiero. Uguale considerazione possiamo fare per i corpi particolari: questo o quel corpo. Tali pensieri o corpi particolari sono indubbiamente dei modi. Ognuno di tali modi, ogni pensiero o ogni corpo particolare, implica necessariamente il concetto di pensiero o di corpo: ogni pensiero o ogni corpo particolare è, prima di essere pensiero di questo o di altro o questo o quest’altro corpo, pensiero o corpo in generale. Questo è il tratto proprio dei modi: un modo è tale perché non è in sé, ma in altro e ogni pensiero o corpo particolare non possono che essere affezioni, non possono che appartenere a generi d’essere, il pensiero o l’estensione. Vediamo ciò che scrive Machérey a proposito del pensiero (ma lo stesso vale per l’estensione).

I pensieri singolari che attraversano la nostra mente, o che la nostra mente forma, e che costituiscono così la trama fattuale della nostra esperienza mentale, non fanno che esprimere in una certa determinata maniera quel pensiero sostanziale che è il Pensiero in quanto tale, condizione in ultima istanza di tutte le idee che ne costituiscono le diverse manifestazioni, e nient’altro. (P. Macherey, Introduction à l’Ethique de Spinoza. La seconde partie: la réalité mentale, Presses Universitaires de France, Paris, 1997, p. 50-51)

Più problematica è l’analisi della dimostrazione “a priori” data nello scolio. Noi possiamo concepire un “ente pensante infinito”, un “ente che può pensare un’infinità di cose in infiniti modi”, un ente che può pensare tutto, un pensiero assoluto. Un tale essere, una tale realtà deve essere essa stessa concepita come infinita, di una realtà o di una perfezione infinita: più un essere produce modi più ha perfezione o realtà. Ebbene, di fatto noi concepiamo un tale “essere infinito di pensiero”: il pensiero deve quindi essere un’essenza, una realtà o un genere d’essere infinito, cioè uno degli attributi infiniti di Dio.

Machérey riassume così le tre tesi spinoziane sul pensiero e l’estensione (v. p. 54-55 del testo citato sopra)

  • Il pensiero e l’estensione hanno una realtà oggettiva che deve essere considerata dapprima in quanto tale: sono distinti tipi di essere, di per sé.
  • Il pensiero e l’estensione, per quanto distinti, sono tuttavia uniti in Dio (che resta assolutamente uno), di cui essi sono attributi. Questa non è già più un’affermazione cartesiana.
  • Distinti e uniti a un tempo, questi due generi d’essere non si limitano l’uno con l’altro ne “comunicano” fra loro.

Queste due prime proposizioni, strettamente legate l’una con l’altra, mostrano che è per una stessa necessità che Dio (o la Natura) si presenta come cosa pensante e come cosa estesa, senza che si affermi alcun privilegio del pensiero sull’estensione.

 

 

 

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