Le prime due proposizioni hanno tematizzato i soli attributi di Dio a noi accessibili, il pensiero e l’estensione. Ora Spinoza prende in considerazione in modo specifico il pensiero e in particolare l’idea di Dio nella sua essenza e in ciò che da essa segue e la sua unicità.
(3) La produzione dell’idea di Dio
| In Deo datur necessario idea, tam ejus essentiæ, quam omnium, quæ ex ipsius essentia necessario sequuntur. | In Dio è data necessariamente l’idea tanto della sua essenza, quanto di tutte le cose che seguono necessariamente dalla sua essenza. |
Tema di questa proposizione è la produzione dell’idea di Dio. Spinoza ha già mostrato che Dio ha la natura di cosa pensante. Ora esamina la sua potenza e i suoi effetti nell’ordine del pensiero. Essendo dedicata questa seconda parte alla Mente, Spinoza non tratta più la natura di Dio come cosa estesa. Le infinite idee che seguono da Dio come cosa pensante appartengono tutte a una sola idea, l’idea infinita che Dio forma di sé e della sua potenza. Come sottolinea Gueroult, tale idea è altrettanto estesa dell’essere stesso di Dio (v. M. Gueroult, Spinoza. II – L’âme, Aubier, Paris, 1974, p. 47).
Dio pensa un’infinità di cose in un’infinità di modi, produce necessariamente nel suo intelletto tutte le idee dei modi di tutti gli attributi, compresi naturalmente quelli dello stesso attributo pensiero. Ciò ha un’importante implicazione, quella che ogni idea è anche idea dell’idea, dato che le idee sono esse stesse modi, cioè “cose” prodotte nell’ordine del pensiero. L’idea infinita che Dio forma di sé e della sua potenza infinita comprende necessariamente in sé tutte le idee singolari.
È importante soffermarsi sull’espressione “idea di Dio” e in particolare sul tipo di genitivo in gioco. Non sembrano esserci dubbi che si tratti di un genitivo soggettivo o di appartenenza: l‘idea di Dio è l’idea che Dio ha perché la forma o la genera in virtù della potenza infinita di pensare che è in lui. Dio non è oggetto del proprio pensiero, l’idea di Dio non è una presa di coscienza personale: Dio è cosa pensante, non soggetto pensante che pensa se stesso. Dio non pensa, è il Pensiero. (v. P. Macherey, Introduction à l’Ethique de Spinoza. La seconde partie: la réalité mentale, Presses Universitaires de France, Paris, 1997, p. 59)
Lo scolio riprende la polemica contro i “propri” tradizionali di Dio. Qui il tema è l’onnipotenza. Il volgo intende questa Potenza (Potentia) come un Potere (Potestas), alla stregua di quello dei re, un potere assoluto, arbitrario, irrazionale e trascendente il cui modello è chiaramente quello della monarchia assoluta di Luigi XIV, il re Sole, avversario particolare della repubblica olandese.
Comunemente si intende per potenza di Dio la sua libera volontà e il suo diritto su tutte le cose che sono, e che, per questa ragione, sono considerate comunemente come contingenti. Dio, si dice infatti, ha il potere di distruggere tutto e di ridurlo al nulla. Inoltre si paragona spessissimo la potenza di Dio a quella dei Re (Dei porro potentiam cum potentia Regum sæpissime comparant).
In realtà già nel primo e nel secondo corollario della prop. 32 e nella prop. 16 della Prima parte (De Deo) era già stato mostrato che, come dalla necessità della natura divina segue (come tutti ammettono unanimemente) che Dio conosce se stesso, così segue pure con la medesima necessità che Dio fa infinite cose in infiniti modi. L’onnipotenza di Dio, in altri termini, non è altro che la sua potenza agente (actuosa essentia). Lo stesso discorso fatto per l’onnipotenza generale si può fare anche per la potenza di pensare. L’onniscienza divina non ha nulla a che fare con quella di un essere dotato di capacità eccezionali che gli permettano di pensare ciò che vuole: è l’onnipotenza del pensiero in sé considerato, nell’assoluta necessità della sua autodeterminazione.
L’abbaglio dell’antropomorfismo nella concezione di Dio è insistentemente denunciato da Spinoza, il quale ricorda anche come il fraintendimento della potenza essenziale come potere arbitrario comporti l’attribuzione a Dio di una qualche forma di impotenza (v. Prima parte, Prop. 16)
Inoltre, se avessi voglia di svolgere ulteriormente questi argomenti, potrei qui anche mostrare che quella potenza che comunemente si immagina in Dio, è non soltanto una potenza umana (il che mostra che Dio è concepito per lo più come un uomo o a somiglianza dell’uomo), ma implica anche impotenza.
Con esemplare chiarezza Gueroult mostra in che modo in questa proposizione si possa cogliere una rigorosa confutazione della tradizionale dottrina dell’intelletto creatore (v. M. Gueroult, Spinoza. II – L’âme, cit., p. 51).
Se le idee di Dio seguono da Dio con la stessa necessità secondo la quale le cose seguono da lui, esse non possono precedere le cose né tantomeno essere per lui dei modelli o degli archetipi. L’intelletto infinito, come è stato più volte ribadito, conosce necessariamente Dio e tutto ciò che produce e “solo” questo: perciò non può essere più esteso di ciò che produce la potenza di Dio. Tutto ciò che l’intelletto infinito pensa, insomma, esiste necessariamente e, reciprocamente, Dio produce necessariemente tutto ciò che può cadere sotto un intelletto infinito (v. Prima parte, prop. 16).
Se questo è vero, allora va sottolineata una conseguenza fondamentale: il nostro intelletto, in quanto è identico all’intelletto infinito, è legittimato a sostenere che ciò che conosce della natura di Dio, lo conosce come lo conosce Dio stesso, cioè come esso è in sé. Così tutte le idee di un intelletto sono vere, dato che ciò che è contenuto oggettivamente nell’intelletto deve essere necessariamente dato nella Natura. Da qui, nota Gueroult, è stabilita la legittimità di tutte le dimostrazioni dell’Etica: l’idea vera è necessaramente data nel nostro intelletto come in quello di Dio.
Dato che l’intelletto infinito contiene tutto ciò che Dio produce, niente di più niente di meno, c’è in Dio perfetta uguaglianza fra la sua onniscienza e la sua onnipotenza: fra le due non si apre dunque più quel margine di libertà che gli permetterebbe di scegliere arbitrariamente quei possibili che desidererebbe fare esistere.
(4) Unicità dell’idea di Dio
| Idea Dei, ex qua infinita infinitis modis sequuntur, unica tantum esse potest. | L’idea di Dio, dalla quale seguono infinite cose in infiniti modi, può essere soltanto unica. |
Nel corollario 1 della proposizione 14 della Prima parte (De Deo) Spinoza ha stabilito il senso in cui va inteso il termine unicità allorché venga riferito a Dio: non si intende “un esemplare” in senso numerico, ma nel senso di totalità, dato che l’idea di Dio comprende in sé tutto ciò che può essere pensato del reale. Come sottolinea Gueroult, dal momento che l’idea di Dio è l’idea unica che racchiude in sé l’idea di tutte le cose, è legittimo, come ha fatto Spinoza, dedurre da essa tutta la scienza e l’impresa dell’Etica, in quanto sviluppo sistematico dell’idea vera data di Dio. Allo stesso modo in cui un solo e stesso Dio abbraccia e produce la diversità delle cose, un solo e stesso intelletto divino le comprende nell’unità del loro principio (v. M. Gueroult, Spinoza. II – L’âme, Aubier, Paris, 1974, p. 55).