15 – Etica II: Da Dio alla mente dell’uomo. La mente umana, idea di una cosa singolare esistente in atto, cioè del corpo (Proposizioni 10, 11, 12)

(10) Natura modale dell’essenza dell’uomo

Ad essentiam hominis non pertinet esse substantiæ, sive substantia formam hominis non constituit.All’essenza dell’uomo non appartiene l’essere della sostanza, ossia la sostanza non costituisce la forma dell’uomo.

Chiaro il concetto fondamentale espresso da questa proposizione: la natura dell’uomo non è sostanziale, ma integralmente modale. Nulla di nuovo per il lettore che è arrivato a questo punto dell’Etica, ma indubbiamente un distacco traumatico dalla tradizione, che ha fatto dell’uomo un essere speciale, “un impero in un impero” per usare una locuzione che troveremo all’inizio del De affectibus, la terza parte dell’Etica.

L’uomo è un essere integralmente naturale, non gode di alcun privilegio ontologico rispetto agli altri esseri naturali. Altro non è che un insieme dato di affezioni della sostanza che esprime la natura di Dio in un certo e determinato modo. Alla stregua di ogni altra realtà naturale. Non è il re del creato, l’essere a cui Dio ha dato il mondo per usarlo e dominarlo a suo piacimento. È una cosa singolare qualunque fra tutte le altre.

In quanto realtà naturale, la sua essenza non implica l’esistenza, la quale quindi non è necessaria. Ogni essere umano, che pure, dal momento che esiste, esiste necessariamente entro il concatenamento infinito delle cause, in sé, in riferimento alla propria essenza, non ha alcuna necessità. L’essenza umana, come l’essenza di ogni altra forma naturale finita, corrisponde alla realtà di una cosa modale che esiste in atto (v. prop. 9), e, in quanto tale, può esistere in molteplici esemplari. Infine, e questo è talmente ovvio che potrebbe anche non essere ribadito, a tale essenza non compete alcuno dei caratteri propri della sostanza. L’essere umano è totalmente assegnato alla natura naturata, come un fiore, una tartaruga, una roccia, e così via.

La riduzione dell’uomo a modo: questa è la condizione per poter applicare le conclusioni delle proposizioni precedenti all’uomo e alla sua mente (v. M. Gueroult, Spinoza. II – L’âme, Aubier, Paris, 1974, p. 110).

La scolio offre un’altra dimostrazione, fondata su I, 5: ci possono essere diversi uomini, ma la sostanza non può essere che unica; solo realtà modali possono esistere in più copie. Più in generale, tutte le proprietà della realtà sostanziale (esistenza necessaria, unicità, infinito, immutabilità, indivisibilità, ecc.) sono incompatibili con l’essenza dell’uomo.

Detto questo, è comunque necessario entrare più in profondità nel pensiero del filosofo.

Quando parliamo di realtà modali non ci riferiamo alle astratte essenze, ai generi aristotelici. Definire l’uomo una realtà modale significa intendere gli esseri umani nella loro concreta e individuale realtà, non certo l’uomo come genere, una prospettiva questa del tutto estranea a Spinoza. Non è l’uomo a essere una realtà modale, ma gli esseri umani come enti singolari esistenti in atto: quest’uomo, quell’altro, quell’altro ancora, ecc., non l’uomo in generale.

L’altra cosa da sottolineare è che, se è vero che l’essere umano concreto e individuale è cosa naturale fra tutte le altre cose naturali, è altrettanto vero che ogni cosa naturale è altrettanto diversa da ogni altra e tale diversità è data da quell’espressione tipicamente spinoziana che abbiamo usato sopra (qui Dei naturam, ecc.). Ogni cosa naturale, fra queste l’uomo, esprime la natura, tutta la natura, in un certo e determinato modo, modo che appartiene solo ed esclusivamente a quella cosa e a nessun’altra. Ebbene, chiediamoci allora che specie di cosa è l’essere umano. Cosa significa esprimere in un certo e determinato modo Dio o la natura? E qual è la modalità espressiva dell’essere umano, di ogni essere umano nella sua concreta singolarità? Tali domande troveranno la loro risposta in ciò che resta di questa seconda parte dell’Etica.

Il secondo scolio di questa proposizione merita, per la sua importanza, un’analisi puntuale.

Dio è causa delle cose non solo quanto al loro divenire, ma anche quanto al loro essere. Questo è assodato, non messo in discussione.

Dio è la causa unica di tutte le cose, tanto della loro essenza quanto della loro esistenza; cioè Dio è causa delle cose non solo quanto al loro divenire, come si suol dire, ma anche quanto al loro essere.

Ma la tradizione afferma qualcosa di più impegnativo e cioè che appartiene all’essenza d’una cosa ciò senza cui la cosa non può né essere né essere concepita. Perciò, o la natura di Dio appartiene all’essenza delle cose create o le cose create possono essere concepite senza Dio. Incoerenza pura.

Da cosa deriva tale incoerenza? Spinoza non ha dubbi: dal non aver rispettato l’ordine del filosofare, che richiede di procedere dalla natura naturante per arrivare infine alla natura naturata. Tale ordine è stato, da parte del pensiero tradizionale, per lo più invertito. Partendo dalle cose naturali, senza considerare Dio, hanno poi usato i risultati conseguiti per determinare la natura di Dio, intrappolandosi in contraddizioni insolubili e inestricabili.

A Spinoza, tuttavia, poco interessa la polemica fine a se stessa, il filosofare “contro”, anche se, come sottolinea Machérey (v. P. Macherey, Introduction à l’Ethique de Spinoza. La seconde partie: la réalité mentale, Presses Universitaires de France, Paris, 1997, p. 100-1), è ben discernibile in filigrana il vero “nemico”, cioè l’antropologia cartesiana. Intende solo spiegare perché non ha detto che all’essenza di una cosa appartiene ciò senza cui la cosa non può né essere né essere concepita, perché non ha usato la definizione accettata da tutta la tradizione. Guéroult lo spiega bene.

Se accettiamo la corrente definizione di essenza – ciò senza cui qualcosa non può né essere né essere concepito – allora si deve dire che Dio è l’essenza dell’uomo: “l’immanenza dell’uomo a Dio vorrebbe dire la confusione dell’essenza di Dio e l’essenza dell’uomo “(M. Gueroult, Spinoza. II – L’âme, cit., p. 113).

Il riferimento è alla natura delle cose singolari, alle quali l’uomo appartiene interamente: queste non possono né essere concepite né essere senza Dio, e tuttavia Dio non appartiene alla loro essenza. Costituisce necessariamente l’essenza di una cosa ciò per cui se è dato, la cosa è posta, e se è tolto, la cosa è tolta: ovvero ciò senza cui la cosa non può né essere né essere concepita, e che, viceversa, senza la cosa, non può né essere né essere concepito.

Ho detto che costituisce necessariamente l’essenza di una cosa ciò per cui se è dato, la cosa è posta, e se è tolto, la cosa è tolta: ovvero ciò senza cui la cosa non può né essere né essere concepita, e che, viceversa, senza la cosa, non può né essere né essere concepito.

Ma Dio, o la sostanza, “è”, ovviamente, senza che le cose singolari siano.

(11) La mente come idea di una cosa singolare esistente in atto

Primum, quod actuale Mentis humanæ esse constituit, nihil aliud est, quam idea rei alicujus singularis actu existentis.La prima cosa che costituisce l’essere attuale della mente umana non è altro che l’idea d’una cosa singolare esistente in atto.

La proposizione n. 11 è tanto importante quanto complessa nella sua interpretazione, soprattutto per quanto riguarda il suo corollario. Prima di procedere all’analisi invito a rivedere quanto detto sulle proposizioni 8 e 9, quest’ultima in particolare che ha per oggetto le idee di cose singolari esistenti in atto.

Non solo la mente ha idee, ma, prima di tutto è un’idea, l’idea di qualcosa. È pensiero prima di essere il soggetto di certi pensieri. Il suo essere effettivo è quello di essere l’idea di una cosa singolare in atto. Per sapere quale cosa sia questa cosa singolare esistente in atto dobbiamo attendere le prossime proposizioni, soprattutto la n. 13.

La proposizione 11 è dimostrata con tre passaggi successivi.

Primo passaggio

L’essenza dell’uomo (per P10C) è costituita da certi modi degli attributi di Dio: cioè (per A2) da modi del pensiero, tra tutti i quali (per A3) l’idea è per natura il primo, e, quando è data, gli altri modi (quelli, cioè, ai quali l’idea è, per natura, anteriore) devono ritrovarsi nel medesimo individuo (per A3); e così la prima cosa che costituisce l’essere della mente umana è un’idea.

L’essenza della mente umana è di essere un’idea, cioè un modo dell’attributo pensiero. Come sappiamo dall’assioma 3 di questa II parte, i modi dell’attributo pensiero sono sia delle affezioni sia delle idee. Ancora di più, fra tutti i modi l’idea è prima per natura. Ciò significa che gli affetti, per darsi, possono darsi solo se primariamente si è data l’idea. Detto diversamente, l’idea è l’essenza delle affezioni e di ogni altro modo dell’attributo pensiero.

Secondo passaggio

Non però l’idea d’una cosa non esistente. Giacché allora (per P8C) non si potrebbe dire che tale idea esista; essa sarà, dunque, l’idea d’una cosa esistente in atto.

Questa idea è quella di una cosa esistente in atto e non può che essere così, dal momento che, come afferma il corollario della proposizione 8, non può esistere l’idea di una cosa non esistente.

Ultimo passaggio

Non tuttavia d’una cosa infinita, perché una cosa infinita (per 1P21 e 1P22) deve esistere sempre necessariamente. Ma ciò è assurdo (per A1); dunque la prima cosa che costituisce l’essere attuale della mente umana è l’idea d’una cosa singolare esistente in atto. C. D. D.

La cosa oggetto di questa idea non è infinita, dato che una cosa infinita deve esistere necessariamente, cosa che non si può dire della mente umana, la cui essenza non implica l’esistenza.

Riassumendo: la mente umana è un’idea, è l’idea di una cosa che esiste in atto e tale cosa esistente in atto non può essere una cosa infinita, quindi si può concludere che essa è l’idea di una cosa singolare esistente in atto.

In quanto modo, la mente umana non può essere, come pensavano Cartesio e Aristotele, la forma dell’uomo. Ciò, come vedremo nella proposizione 13, fornisce la base su cui dimostrare che tale cosa singolare esistente in atto è il corpo, l’altro modo, secondo l’attributo estensione che costituisce l’essenza dell’uomo.

Dal momento che l’ideato della mente è una cosa singolare esistente in atto, appare inevitabile, nel contesto filosofico spinoziano, come ricorda Gueroult, affermare la mortalità o finitudine della mente.

[L’immortalità della mente] è esclusa dal Corollario della proposizione 8, secondo cui, l’idea singolare (nel caso specifico, la Mente) non potrebbe continuare a esistere nel momento in cui non esista più la cosa singolare (nel caso specifico, il Corpo), di cui essa è l’idea. (M. Gueroult, Spinoza. II – L’âme, cit., p. 117)

La mente e il corpo sono assolutamente indissociabili perciò condividono inevitabilmente le stesse vicissitudini. Se e quando il corpo sparirà dall’esistenza, sparirà anche la mente.

Come sottolinea Gueroult, il corollario della proposizione 11 fornisce la chiave di volta di tutta la teoria della conoscenza di Spinoza. In primo luogo, aggiunge una seconda definizione a quella già data nel testo della proposizione. “La mente umana è una parte dell’intelletto di Dio”, con una precisazione importante: “la cosa singolare esistente in atto, di cui la mente è l’idea, è limitata nella sua durata per cui anche la mente ha una durata limitata e mortale“. Ciò significa che la mente, pur essendo parte dell’intelletto di Dio, non ne è una parte eterna. Solo nella parte V dell’Etica vedremo in quale senso la mente è un modo eterno e, precisamente, quando viene considerata al di fuori della sua relazione con l’esistenza del corpo. La parte II tratta solo la Mente che esiste nella durata.

La parte mortale della Mente è costituita dalla sua immaginazione, luogo delle idee inadeguate, che si limita alla percezione delle cose che esistono nella durata; la sua parte eterna è costituita invece dal suo intelletto, luogo delle idee adeguate, che conosce sia le proprietà eterne delle cose (ragione), sia la loro essenza (scienza intuitiva). … Infine, se l’idea del corpo che esiste in atto che fonda la parte immaginativa e mortale della mente è una parte mortale dell’intelletto infinito di Dio, non ne segue affatto che questa parte sia in Dio essa stessa immaginativa. Infatti, l’idea fuggitiva del Corpo che esiste in atto è in Dio un’idea adeguata, poiché Dio coglie nella sua conoscenza tutte le cause dell’esistenza di questo Corpo; invece, la mente ignora queste cause, perciò la conoscenza che ha del Corpo tramite l’idea dell’affezione del Corpo non è adeguata. Questo difetto di conoscenza, essendo specifico dell’immaginazione, è dunque proprio della Mente. È estraneo all’intelletto di Dio e alle sue parti mutevoli. (M. Gueroult, Spinoza. II – L’âme, cit., p. 119 – 120)

In quanto parte dell’idea infinita costituita dall’intelletto di Dio, la Mente umana non è che un’idea finita. Ciò comporta delle conseguenze, come possiamo rilevare leggendo parte del corollario.

quando diciamo che la mente umana percepisce questa o quella cosa non diciamo altro se non che Dio, non già in quanto è infinito, ma in quanto è spiegato mediante la natura della mente umana cioè in quanto costituisce l’essenza della mente umana, ha questa o quell’idea

Questo brano enuncia la condizione ontologica di ogni conoscenza possibile per la Mente umana, tanto della conoscenza inadeguata quanto di quella adeguata.

Inoltre,

quando diciamo che Dio ha questa o quell’idea, non solo in quanto costituisce la natura della mente umana, ma in quanto ha insieme con la mente umana anche l’idea d’un’altra cosa, allora diciamo che la mente umana percepisce la cosa parzialmente, o inadeguatamente.

Questo significa che la mente concepisce una cosa solo in parte. È la condizione ontologica della conoscenza inadeguata. L’idea, insomma, non è nella mente umana nello stesso modo in cui è in Dio: nella mente è finita, parziale, in Dio è totale, integrale, completa.

La prima conseguenza enunciava un principio universale: se la Mente ha una qualunque percezione, significa che è Dio stesso che ha questa percezione in quanto costituisce la natura di questa Mente. ma questa percezione può essere in Dio in due modi, sia in quanto si esplica interamente tramite la natura della mente, cioè in quanto costituisce solamente la Mente, sia in quanto, pur costituendola, ne costituisce inoltre un’infinità di altre. in quest’ultimo caso, la mente non può percepire la cosa che parzialmente o inadeguatamente. … Essendo la causa totale dell’idea nell’infinità della catena delle cause, che oltrepassa la Mente e che solo Dio comprende, di questa causa la Mente racchiude solo un’infima parte. di conseguenza, l’idea è inadeguata e parziale nella Mente, mentre è adeguata e totale in Dio. (M. Gueroult, Spinoza. II – L’âme, cit., p. 122)

(12) “Relazione” tra la mente e il suo ideato

Quicquid in objecto ideæ, humanam Mentem constituentis, contingit, id ab humana Mente debet percipi, sive ejus rei dabitur in Mente necessario idea: Hoc est, si objectum ideæ, humanam Mentem constituentis, sit corpus, nihil in eo corpore poterit contingere, quod a Mente non percipiatur ‹, of zonder dat daar af een denkbeelt inde ziel is›.Tutto ciò che accade nell’oggetto dell’idea costituente la mente umana, dev’essere percepito dalla mente umana, ossia di ciò sarà data necessariamente nella mente un’idea: cioè, se l’idea costituente la mente umana è un corpo, nulla potrà accadere in questo corpo che non sia percepito dalla mente ‹o senza che nella mente ve ne sia un’idea›.

La proposizione 12 ha un chiaro ed essenziale obiettivo, quello di precisare i “rapporti” fra l’oggetto dell’idea che costituisce la mente umana e la mente stessa. Ebbene, fra la mente e la cosa che ne costituisce l’ideato non si dà alcuna comunicazione diretta. Tale comunicazione, infatti, potrebbe aver luogo solo se mente e ideato fossero due sostanze indipendenti, condizione incompatibile con il pensiero di Spinoza.

Questa Proposizione risulta pure evidente, e anzi s’intende più chiaramente, da P7S, al quale rimando il lettore. (Scolio p. 12)

Il filosofo rimanda allo scolio della proposizione 7 per una miglior comprensione di questo concetto. Leggiamo le righe di questo scolio che ci interessano.

La sostanza pensante e la sostanza estesa sono una sola e medesima sostanza, che è compresa ora sotto questo, ora sotto quell’attributo. … Per esempio, il circolo esistente in natura e l’idea del circolo esistente, la quale è pure in Dio sono una sola e medesima cosa che si spiega mediante attributi diversi; e così, sia che concepiamo la natura sotto l’attributo dell’estensione, sia che la concepiamo sotto l’attributo del pensiero, troveremo un solo e medesimo ordine, o una sola e medesima connessione di cause, cioè il seguire delle medesime cose le une dalle altre. (Scolio, p. 7)

A partire dal principio dell’unità dell’ordine e della connessione delle cose in tutti i generi d’essere, si stabilisce la connessione globale di tutte le connessioni del pensiero e di tutte e connessioni di ciascuno degli altri attributi di Dio.

Questa correlazione ha la sua ragione ultima nel fatto che la sostanza si esprime indissolubilmente attraverso tutti i generi d’essere, senza che questa espressione che ne demoltiplica infinitamente gli effetti alteri in nulla la sua unità. La causa dell’unione dell’idea che la mente umana è e del suo oggetto non è dunque da cercare né in questa idea né nel suo ideato considerati in sé, ma in Dio, a partire dal quale si esplicano e la produzione dell’idea e quella, necessariamente concomitante, del suo ideato, esattamente come nel caso della relazione che unisce il cerchio e l’idea di cerchio. (P. Macherey, Introduction à l’Ethique de Spinoza. La seconde partie: la réalité mentale, Presses Universitaires de France, Paris, 1997, p. 115)

Nella dimostrazione di questa proposizione la relazione in questione viene ulteriormente precisata: non è più fra l’idea e il suo oggetto, ma fra l’idea e le modificazioni di questo oggetto, fra la mente e ciò che “accade” al suo oggetto. Tutto ciò che noi sappiamo di un oggetto dato, infatti, lo sappiamo solo indirettamente, attraverso la conoscenza delle sue modificazioni.

Di tutto ciò, infatti, che accade nell’oggetto d’un’idea qualunque è data necessariamente in Dio la conoscenza (per P9C), in quanto è considerato come affetto dall’idea di quest’oggetto, cioè (per P11) in quanto costituisce la mente di una cosa. (Dimostrazione)

Alla luce di queste tesi, acquista senso l’ipotesi enunciata nella parte finale della proposizione 12,

se l’idea costituente la mente umana è un corpo, nulla potrà accadere in questo corpo che non sia percepito dalla mente ‹o senza che nella mente ve ne sia un’idea.

Tale ipotesi ci introduce direttamente nell’ambito concettuale della capitale proposizione 13, una delle più importanti e complesse dell’Etica.

2 pensieri riguardo “15 – Etica II: Da Dio alla mente dell’uomo. La mente umana, idea di una cosa singolare esistente in atto, cioè del corpo (Proposizioni 10, 11, 12)

  1. Quando sarà disponibile il commento alla proposizione XIII?
    Complimenti per il lavoro chiaro e ben fatto, ho trovato il commento alle varie parti dell’Etica di grande aiuto per una migliore comprensione del pensiero di Spinoza.

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